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Gli aforismi di Jean Anthelm (3)

Gli aforismi di Jean Anthelm (3)

 

L’elogio del territorio si accompagna inevitabilmente all’elogio contadino e del lavoro nella forma di una parabola della vita semplice, una sorta di ruralismo del mestiere all’insegna della sagacia e della rigenerazione, in disprezzo del sindacalismo agrario. Eppure da tempo sappiamo che la commemorazione è sempre un delitto.

La maldestra lealtà alla semplicità è una dismisura, non per caso è impossibile nelle scienze leccarde conciliarla con la dépense.

Alla poetica dei localismi conviene preferire un materialismo à rebours, se non altro consente di scoprire le falle che lo spiritualismo infligge alla cultura materiale.

Il non-sapere è come l’hic et nunc dell’esperienza cucinaria.

Non si dica mai che non amiamo la buona tavola, agli scalchi preferiamo le fanciulle che disossano uccelli.

Spesso i registri narrativi costruiscono le ricette e bruciano i fondi delle pentole.

I buoni ricettari sono quelli che servono ad attribuire un passato ai cibi, per questo le cuoche inventate sono le migliori.

Oh, i cuscini glassati e le velette pudicamente sollevate sopra un calice di acqua di cedro.

La madre terra ha i suoi figli come le scrofe hanno i loro, razzolano nel fango per ritrovare la forza perduta, a differenza degli uomini, come ha notato Karl Kraus quando piove si ripuliscono.

Una cucina semplice lungi dall’essere una cucina sociale è una mensa politica.

L’amore per il territorio nasconde un segreto, dare una base biologica alla natura del politico, al limite, legittimare la forma di ordine con la sua presunta dimensione sacra.

C’è un fondo orientale nel gusto della modernità che in letteratura rende insopportabile Marcel Proust.

Ma sul serio le fontane rinascimentali di burro, i cigni di ghiaccio del Lohengrin o i fogli dorati del battiloro fanno la cucina?

La varietà dei mieli ci ha introdotto al romanticismo dei sapori, se è vero che il gusto segue l’odorato. Mieli differenti per l’ora del giorno, la pioggia o il sole, la stagione, l’ambiente l’altitudine, l’umidità dell’aria.

L’assolutismo ragionato delle api esalta la socialità e la condanna al suicidio nella solitudine.

I prodotti di territorio prima ancora che occasioni d’identità sono invenzioni di mercato che fingendo di recuperare il passato disegnano le mappe dei consumi ostentativi a venire.

Le nostalgie alimentari vanno scrutate nei loro arrière-pensées.

La mimesis, con Aristotele, circoscrive la rappresentazione facendo emergere da essa i suoi limiti estetici, esattamente come il realismo è un limite epistemologico alla volontà di sapere che fa del naturale un “paesaggio”, una presenza, l’annuncio di un apocalisse in cui tutto si distrugge senza costruire.