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Modalità esame food design 2012-2013

Politecnico di Milano-Bovisa.

Anno accademico 2012-2013.

Cattedra di food-design.

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L’esame di questo insegnamento si può sostenere secondo due modalità.

 

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La prima modalità è nella forma canonica prevista dall’ordinamento universitario. Un’interrogazione orale l’oggetto della quale è costituito da ciò che è stato illustrato nel corso delle lezioni e dal contenuto dei libri indicati in bibliografia.

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La seconda modalità prevede una partecipazione attiva costituita dalla esercitazioni (°).

In questo caso:

 

A – Chi partecipa ad almeno otto esercitazioni, e ne “vince” almeno una, supererà l’esame svolgendo una ricerca monografica su un tema proposto o concordato per tempo con la cattedra.
La partecipazione alle esercitazioni vale ventiquattro/ trentesimi, la ricerca fino a nove trentesimi, cioè, trenta e lode.

 

B – Chi partecipa ad almeno dieci esercitazioni, senza “vincerne” nessuna, supererà l’esame svolgendo una ricerca monografica su un tema proposto o concordato per tempo con la cattedra.

La partecipazione alle esercitazioni vale, in questo caso, ventidue/ trentesimi, la ricerca fino a otto trentesimi, cioè, trenta.

 

Le esercitazioni verranno di volta in volta discusse nel corso delle lezioni e costituiranno un ulteriore supporto didattico al programma svolto.

Il sito di riferimento di questo insegnamento è:
www.pages.mi.it

 

Tramite la e-mail del sito è possibile comunicare con il docente per qualunque problema relativo all’insegnamento, ai contenuti di esso, alle ricerche, alle bibliografie e alle procedure.
Le esercitazioni saranno pubblicate per tempo nel sito e aggiornate con i migliori lavori svolti.

 

(°) – Nel sito indicato qui sopra gli studenti possono vedere le esercitazioni svolte nei precedenti anni accademici.

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La ricerca.

Il tema della ricerca, come da programma illustrato, può essere concordato con il docente oppure proposto in base ai propri interessi e orientamenti.

In ogni caso la ricerca deve rispettare una di queste aree metodologiche:

 

Come il “linguaggio” degli atti alimentari concorra a “disegnare” l’identità culturale di un luogo o di un etnia. 

 

 Come il food design (progettuale, sociale, strategico, narrativo) contribuisca alla costruzione della “sociabilità”

 

Come l’azione progettuale possa intervenire a orientare la relazione tra risorse alimentari, culture alimentari e sprechi.     

 

Come il food design possa contribuire alla salvaguardia della biodiversità. 

 

Come gli atti alimentari e la cucina siano divenuti – in seguito alle procedure di ratificazione – da oggetti a soggetti di tecniche e poetiche artistiche, in pittura, nel cinema, nel teatro e perfino nella musica e nella pubblicità.        

 

Le ricerche dovranno essere presentate all’atto dell’esame – durante il quale saranno esaminate e discusse – sia in forma cartacea che su “chiavetta”. 

Una volta concordata la ricerca sarà accompagnata, là dove occorresse, da una bibliografia ad-hoc.

Le ricerche NON saranno considerate valide se non riporteranno per esteso la bibliografia e la sitografia consultate.

N.B.: NON sono valide le ricerche costituite da un semplice ed acritico lavoro di “taglia e cuci”.

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Gli studenti di lingua madre diversa dall’italiano possono concordare con il docente una ricerca o un programma di esame ad-hoc e l’eventuale bibliografia.

In via sperimentale, vista la missione dei piani di studio di questa Università e il rapido evolversi di una nuova cultura visuale – nella prospettiva di una “nuova ermeneutica” – glistudenti possono presentare la ricerca anche utilizzando altri mezzi (media) diversi dal “testo con figure”, vale a dire la ricerca potrà essere “sceneggiata” utilizzando video-filmati, filmine, fumetti, performance, inchieste filmate, istallazioni.

In questo caso la ricerca, su chiavetta, dovrà essere presentata alla cattedra nella sua forma definitiva. 

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Bibliografia: 

Gli studenti possono scaricare dal sito, nei modi indicati, un compendium delle lezioni in aula. 

Altri testi consigliati:

C. Fischler, L’onnivoro, Milano 1992.  

M. Harris, Buono da mangiare, Torino 1990. 

D. Le Breton, Il sapore del mondo, un’antropologia dei sensi, Milano 2007.   

(acura) G.Marrone, A.Giannitrapani, La cucina del senso, Milano 2012.

(Tutti questi libri sono disponibili nelle principali lingue europee.)

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FLUXTALES 4

FLUXTALES 4

 

La cucina nell’arte è – di fatto – un hors d’ouvre! Alla fine c’è il dessert: le “bombe gelato” che piacevano tanto a Alberto Cougnet. L’anarchia è servita!

Resta un dubbio. I pot au feu possono esplodere?

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Da qualche tempo artisti e chef rincorrono in cucina il fascino della sostanza. Chi arriverà prima!

 

A dispetto di Cicerone che non le apprezzava le arti materiali non dimenticano mai i loro impegni psico-analitici con la jouissance.

A questo proposito. Non è sospetto che la chiesa cattolica abbia regredito l’arte cucinaria a peccato?

 

La nozione di gusto nelle arti nasce nel momento in cui – XVIII secolo – deve alzarsi da tavola per non essere d’intralcio al nuovo arrivato: il sentire.

Come dire? È francamente insopportabile all’idealismo che in cucina il buono sia un’espressione sensibile del bello.

 

Il museo e il ristorante sono stati per la cultura borghese le due istituzioni maggiori del XIX secolo.

In entrambi in questione è il gusto…a costi diversi!

In ogni modo, finché sarà egemone una concezione museale dell’arte alla cucina è riservato il catering!

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La cucina come congegno secolarizza l’arte nella sua definizione istituzionale. In questo senso essa è l’erede dell’anticlericalismo scientifico dell’illuminismo francese.

Non è curioso, che siano i palazzi liberati dai re e dalle loro festanti corti a divenire, dopo la Rivoluzione Francese, dei musei?

Non tanto, se li pensiamo come luoghi di culto.

Così per dire. Parlamenti e ristoranti aperti a tutti, a cominciare dal popolo. La borghesia sapeva declinare con intelligenza il predicato di “borghese”, la livrea della democrazia delle nazioni.

 

Per salvificare l’industria l’Ottocento s’inventa delle virtù per l’arte grazie alla complicità dell’hegelismo. Sono la Bellezza, l’Assoluto, L’Eternità, la Perfezione, la Compiutezza, che si contrappongono allo Squallore, al Relativo, al Contingente, al Deperibile, alla Frammentarietà. Quest’ultima, poi, sarà una dote particolare del “prodotto” che diventa derrata.

 

Se il reale, come dice Bachelard, è dapprima un alimento la commestibilità è il punto zero del materialismo in filosofia. …ma il reale è digeribile?

(Qualcuno pensa che debba essere condito con il sacro.)

 

Nell’arte moderna il contenuto si rifugia nel contenente – significante – come la lumaca quando è molestata dal “senso”.

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Il rimpianto dei ready-made. Di essere divenuti oggetti d’arte contro la loro stessa natura. Ecco! Oggetti si nasce, è la cresima che fa l’arte.

 

Dopo la cena Fluxus alla Fondazione Prada di Venezia. Il commento di un gourmet. Questa cucina affonda l’arte nell’immanenza facendo della trascendenza un’illusione purgativa.

Per altre strade. In un event la forma che lo invera lo trasforma in una performance.

 

Più che l’effimero estetico la cucina Fluxus introduce nell’arte la piacevolezza materialista del fugace.

 

Ci sono degli artisti (sic) che tracciano un’equazione tra arte vita. Questo fa della vita qualcosa di solubile come il caffè degli aeroporti!

 

In cucina sono le protesi e i congegni a istituire una dimensione narratologica delle derrate, come nella chirurgia rispetto al corpo.

 

Perché la forma di coperto a tavola nasce con la borghesia? Perché è essa che promuove un’organizzazione sociale fondata sull’individuo o, se si vuole, di una società che a patteggiato la pace sociale davanti al foie gras e spera di non essere avvelenata mentre s’ingozza.

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In cucina il primato estetico della pasticceria è di fatto il primato psicologico del bello sul buono. Di fatto nel corso della sua storia gli aspetti ostentativi hanno spesso prevalso sulle esigenze nutrizionali e gustative, anche a dispetto della fame. Il resto, per Lévi-Strauss, è di conseguenza!

 

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