FLUXTALES 4
La cucina nell’arte è – di fatto – un hors d’ouvre! Alla fine c’è il dessert: le “bombe gelato” che piacevano tanto a Alberto Cougnet. L’anarchia è servita!
Resta un dubbio. I pot au feu possono esplodere?
Da qualche tempo artisti e chef rincorrono in cucina il fascino della sostanza. Chi arriverà prima!
A dispetto di Cicerone che non le apprezzava le arti materiali non dimenticano mai i loro impegni psico-analitici con la jouissance.
A questo proposito. Non è sospetto che la chiesa cattolica abbia regredito l’arte cucinaria a peccato?
La nozione di gusto nelle arti nasce nel momento in cui – XVIII secolo – deve alzarsi da tavola per non essere d’intralcio al nuovo arrivato: il sentire.
Come dire? È francamente insopportabile all’idealismo che in cucina il buono sia un’espressione sensibile del bello.
Il museo e il ristorante sono stati per la cultura borghese le due istituzioni maggiori del XIX secolo.
In entrambi in questione è il gusto…a costi diversi!
In ogni modo, finché sarà egemone una concezione museale dell’arte alla cucina è riservato il catering!
La cucina come congegno secolarizza l’arte nella sua definizione istituzionale. In questo senso essa è l’erede dell’anticlericalismo scientifico dell’illuminismo francese.
Non è curioso, che siano i palazzi liberati dai re e dalle loro festanti corti a divenire, dopo la Rivoluzione Francese, dei musei?
Non tanto, se li pensiamo come luoghi di culto.
Così per dire. Parlamenti e ristoranti aperti a tutti, a cominciare dal popolo. La borghesia sapeva declinare con intelligenza il predicato di “borghese”, la livrea della democrazia delle nazioni.
Per salvificare l’industria l’Ottocento s’inventa delle virtù per l’arte grazie alla complicità dell’hegelismo. Sono la Bellezza, l’Assoluto, L’Eternità, la Perfezione, la Compiutezza, che si contrappongono allo Squallore, al Relativo, al Contingente, al Deperibile, alla Frammentarietà. Quest’ultima, poi, sarà una dote particolare del “prodotto” che diventa derrata.
Se il reale, come dice Bachelard, è dapprima un alimento la commestibilità è il punto zero del materialismo in filosofia. …ma il reale è digeribile?
(Qualcuno pensa che debba essere condito con il sacro.)
Nell’arte moderna il contenuto si rifugia nel contenente – significante – come la lumaca quando è molestata dal “senso”.
Il rimpianto dei ready-made. Di essere divenuti oggetti d’arte contro la loro stessa natura. Ecco! Oggetti si nasce, è la cresima che fa l’arte.
Dopo la cena Fluxus alla Fondazione Prada di Venezia. Il commento di un gourmet. Questa cucina affonda l’arte nell’immanenza facendo della trascendenza un’illusione purgativa.
Per altre strade. In un event la forma che lo invera lo trasforma in una performance.
Più che l’effimero estetico la cucina Fluxus introduce nell’arte la piacevolezza materialista del fugace.
Ci sono degli artisti (sic) che tracciano un’equazione tra arte vita. Questo fa della vita qualcosa di solubile come il caffè degli aeroporti!
In cucina sono le protesi e i congegni a istituire una dimensione narratologica delle derrate, come nella chirurgia rispetto al corpo.
Perché la forma di coperto a tavola nasce con la borghesia? Perché è essa che promuove un’organizzazione sociale fondata sull’individuo o, se si vuole, di una società che a patteggiato la pace sociale davanti al foie gras e spera di non essere avvelenata mentre s’ingozza.
In cucina il primato estetico della pasticceria è di fatto il primato psicologico del bello sul buono. Di fatto nel corso della sua storia gli aspetti ostentativi hanno spesso prevalso sulle esigenze nutrizionali e gustative, anche a dispetto della fame. Il resto, per Lévi-Strauss, è di conseguenza!
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