CON.NEXIONI
Pittura, oggetto e desiderio. Chi serve chi?
Rappresentazione (immagine) – sguardo – soggetto desiderante. Dove si colloca il sintomo?
Il desiderio come l’innominabile del femminile è la più veridica icona della pittura. In questo senso abbiamo un doppio godimento, figurale e orale.
Dada è l’inverso della pittura di Giovanni Boldini (o, di Herni Gervex) ma, dietro lo sfarinamento della rappresentazione, se Dada è arte d’avanguardia, Boldini e verismo letterario. (Sotto il sole dello spettacolo, dal punto di vista del gusto chi è più attuale?)
Pensare il desiderio attraverso i suoi stereotipi comporta la sacralizzazione della rappresentazione. Molti hanno dipinto l’origine del mondo, ma solo Gustave Coubert è riuscito a “metterla”sugli altari.
Divinizzare il femminile in pittura ha un solo obiettivo. Non doversi confrontare con la sua struttura libidinale e con la sua burocrazia.
Per l’economia della pittura il desiderio femminile è il più vantaggioso dal punto di vista della rappresentazione. È l’unico che può essere “de.figurato”, come comprese bene Picasso quando dipinse le sue signorine.
In pittura la verità del soggetto è contenuta nel godimento che la rappresentazione regola in forza di legge e a dispetto della mise-en-scène del reale.
Rivendicare il desiderio non significa rivendicare l’oggetto del desiderio soprattutto quando è stato subito, in questo senso l’opera di Lynda Benglis è un grande palcoscenico di fantasmi dominati dal verbo avere che nasconde la mancanza del godimento.
A chi appartiene il fantasma della rappresentazione del desiderio? Né alla figura né allo spettatore, ma all’economia dello sguardo che sa come violare l’intimità del bagno di Diana. In questa economia il guardare e un divorare insostenibile per il godimento del voyeur. Resta un sospetto, ma veramente Diana è sorpresa?
La forma assoluta della nudità è sempre nella forma di un’esthétique de boudoir. Come dire? La nudità come rappresentazione è fuga dell’oggetto.
Il desiderio acceca, lo sguardo divora, il sintomo educa. Torna a casa Lassie (Lassie come home), disse il sintomo al rimosso. Sono qui, rispose il rimosso al sintomo. Qui dove?
Il sintomo è educativo perché in esso si deposita la Legge che fa supporre la Verità, cioè, un significato. Per il sintomo, infatti, la Verità è gravida di conseguenze, ma con chi ha peccato d’adulterio?
Essere condannati ai contenuti della Verità non significa che la storia non possa avere un senso sociale.
Quando l’argomentazione si frantuma nell’ideologia, risorge nella rappresentazione. L’inferno del sintomo è sempre un inverno sociale!
Lo sguardo divora. Per questo il partito ha mille occhi.
La causa politica si sposa sull’altare delle ideologie, la questione sociale nelle strade.
Il sintomo politico è della stessa sostanza della forma di spettacolo. Lo si può toccare con la fede. La fede, infatti, a dispetto dell’ovvio, non consente ai devoti di vedere, ma di toccare.
Scrive Blaise Pascal, se la posta della scommessa è la Rivoluzione, l’operaismo impecorisce. Da dove deriva questa strana metamorfosi? Dal fatto che la fede nell’operaismo è sorretta dai truismi che generano quello che Dmitrij Nikolaevic Uznadze a Tbilisi definì come un riflesso incontrollabile del set. Ciò non toglie che gli spasmi appartengano alla recitazione come un suo rituale ideologico.
Carlo Borromeo fu arrovellato da un dubbio. Nelle “madonne del latte” che cosa sommuove il desiderio? Il sintomo o un’idraulica interiore, che l’anatomia del tempo immaginava, non riuscendo a trovarla, in forma di cannulla spermatica che attraversa il corpo?
La conversione al comunismo sotto il sole dello spettacolo è sempre un interessato cedimento dell’inconscio al godimento totalitario. Essa non appartiene che a coloro a cui la fede ha fatto aggio sull’argomentazione.
La fiducia nell’altrove è là dove les non–dupes errent!
La représentation de la féminilité è stata nel Settecento un’avventura morale all’insegna dell’occultamento del corpo femminile e in nome di un érotisme travesti elegiaco e ambiguo, come nel migliore Watteau.
Nell’erotismo in pittura la rappresentazione sanziona la carne in nome della sovranità del desiderio, con il risultato di un’ob.scenità sbocconcellata dallo sguardo e ridotta a mera pornografia. La grandezza di Giovanni Boldini in questo affaire sta nell’aver affidato all’eleganza del segno il rimedio e nell’aver ignorato la censura che la classe che serviva pretendeva da lui. In altri termini, consegnò al segno pittorico il compito di farsi carico della depravazione dei costumi e della decadenza del gusto. In breve, le sue “signore” portano su di loro i graffi (dell’oggetto non del risultato) di un linguaggio affidato alla visibilità delle allusioni.
Che cosa c’è al di sotto del visibile in pittura? I resti di un pasto che voleva essere totale, ma che si è rivelato sintomatico. In questo Marcel Duchamp –per delle ragioni assolutamente personali – si è rivelato un perfetto bricoleur della “macchina simbolica”. In questo senso il cuneo di castità è l’esemplare fallimento.
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