Politecnico di Milano, Anno Accademico 2011-2012.
Cattedra di FOOD-DESIGN.
Esercitazione numero quattro.
(Mercoledì 28 marzo 2012.)
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L’INQUIETA BELLEZZA DELLE PICCOLE COSE.
Quando la poesia è sul filo del niente.
Marcel Broodthaers (1924-1976) è stato un poeta e un artista della grande famiglia degli inclassables, come a suo tempo lo furono nel corso del Novecento e citando alla rinfusa, Eric Satie, Arthur Cravan, Jacques Rigaut, René Crevel, Gustav Metzger, Gil Wolman, Marcel Mariën o l’impareggiabile poeta della vita corrente che fu Luis Scutenaire.
Broodthaers era nato a Bruxelles, ventunenne alla fine della seconda guerra mondiale entra nel Groupe Surréaliste Révolutionnaire. Abbandona gli studi di chimica e si occupa di giornalismo, cinema, poesia, finché non scopre la sua vocazione, fare di tutte le discipline poetiche del Novecento lo zoccolo delle sue complesse creazioni artistiche – complesse nella loro disarmante semplicità espressiva che moltiplica la familiarità fin dentro le pieghe più nascoste dell’oscuro, che Jacques Lacan nella celebre lezione del 13 gennaio 1971 definirà il sembiante, cioè, “il significante in se stesso” (D’un discours qui ne serait pas de semblant).
Quest’uomo imprevedibile e affascinante ammirava Mallarmé, che si racconta conobbe tramite Magritte, adorava Shakespeare e l’avventura, le amicizie e i buoni vini. Negli assemblage e nelle accumulazioni scopre la sua vena di artista e sviluppa il suo amore per l’assurdo riscrivendo le regole del ready-made.
In più di un’occasione confesserà di amare ciò che “scaturisce” dalle relazioni contraddittorie tra il linguaggio e l’immagine. In questo senso i suoi films, le sue incisioni i suoi “montaggi” di oggetti hanno sempre trasformato le sue esposizioni in agorà della visione, in biblioteche del caso, in cartografie del non-sense.
Due paradossali elementi di poetica dei molti che traeva dalla piccole cose della vita corrente sono i gusci d’uova e le moules. Paradossali elementi, insieme alle frites, ai bicchieri di birra, alle fotografie, di una “belgitudine” che ha contribuito a creare la grandezza di questo piccolo paese della mitteleuropa e ora l’ha perso.
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La cozza è un mollusco bivalve, la sua conchiglia esternamente è di color nero con sfumature violacee a differenza del suo interno che è madreperlaceo. La sua dimensione massima è intorno ai dieci centimetri, quelle in commercio in genere sono grandi la metà, si trovano soprattutto sia nel Mediterraneo che nell’Atlantico, ma vivono ovunque, compreso il Sud d’America e la Patagonia. Nel Neolitico le cozze selvatiche, insieme agl’altri molluschi, rappresentavano un importante elemento della dieta delle popolazioni rivierasche, oggi lo si alleva quasi dappertutto. In Italia se ne producono più di centotrenta tonnellate l’anno e spesso è importato dalla Grecia e dalla Spagna.
Le tre varietà più diffuse sono il Mytilus edulis (Oceano Atlantico), il Mytilus galloprovincalis (Mediterraneo) e il Modiolus barbutus (Mediterraneo), la cosiddetta “cozza pelosa” per via della sua fitta peluria, di recente assurta all’onore della cronaca nazionale per via di un affare di corruzione politica. Le più pregiate – secondo gli intenditori – sono le femmine nella fase riproduttiva per via del loro fine odore iodato, in ogni caso sono una preziosa fonte di antiossidanti, di vitamina “c” e di proteine nobili. Una curiosità, al pari delle ostriche sono in grado di produrre perle, come del resto molti altri molluschi, ma sono piccole e il loro valore commerciale è scarso.
Obiettivo dell’esercitazione è quello di “rappresentare” un peccato capitale – comunque scelto – utilizzando esclusivamente gusci di cozze e, se è necessario, altri due oggetti privi di valore della vita corrente.
La “costruzione” deve avere una base non superiore a un quadrato di venti centimetri di lato e un’altezza non superiore ai trenta centimetri.
Nel rispetto di massima di queste proporzioni le misure, se la “costruzione” lo prevede, possono essere variate.
Va da sé, si possono usare con discrezione colle, stecchi di legno e filo nero o bianco per armare e sostenere la “costruzione”.
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