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Racconti gourmand. Tredici.

Racconti gourmand.  Tredici.

 
In fondo sono una Siux, nel dirlo mi mostrò la punta della lingua.  Veniva da Fort Dodge nello Iowa dove aveva frequentato il college specializzandosi in arte.  Da sei mesi era a New York come istitutrice del figlio dodicenne di un addetto all’ambasciata argentina.  Ma questo lo scoprii in seguito.  Il party in casa del console nell’Upper East Side, una lussuosa villetta di quattro piani in una strada alberata, aveva raccolto un centinaio d’invitati.  La cena in piedi era in pieno svolgimento.  La notai perché come me sembrava non conoscere nessuno, così gli rivolsi la parola nel mio inglese scolastico e lei mi rispose scusandosi di non parlare italiano e chiedendomi se preferivo esprimermi in spagnolo.  Si chiamava Kimberly, aveva ventitre anni, i capelli castani e lisci, un abito da sera a tubino azzurro scollato e ricoperto di lustrini.  Quando parlava si formavano delle fossette ai lati della bocca.  Da un cameriere di passaggio prendemmo due bicchieri di un cocktail a base di vermouth, gin e succo di arancia, ci spostammo in un angolo del salotto al primo piano.  Cominciammo a parlare ed io cercai in tutti i modi di alimentare tra di noi una certa complicità.  Nell’aria era forte il profumo della carne, ma lei non aveva fame, a me era passata.  Decidemmo così di passare al dessert e chiesi a Kimberly di sceglierlo.  Prese due porzioni di dulce de leche, un piattino di galletitas al limone e uno di alfajores al cioccolato.  Nella calca però qualcuno la spintonò e il dulce de leche le finì sul vestito.  Ci rimase male, mi sentii in dovere di consolarla sostenendo che se si puliva subito la macchia sarebbe sparita.  Ci pensò un attimo e poi mi chiese di seguirla mentre cercava un bagno.  Finimmo in uno di quelli padronali al terzo piano, conosceva la casa.  Fece scorrere l’acqua calda e con un asciugamano provò a smacchiarsi il vestito.  Doveva toglierselo e mi pregò di uscire.  Dissi che sarei andato a cercare da bere.  Riuscii a recuperare parte del dessert, a procurarmi mezza bottiglia di brandy alla pesca e una di chica, una strana bevanda a base di mais, che li per lì scambiai per sidro e feci ritorno in bagno.  Non aveva chiuso la porta.  Si era spogliata rimanendo con le sole mutandine.  Fece il gesto di coprirsi con un asciugamano, ma ci rinunciò con una scrollata di spalle.  Mentre aspettavamo che il vestito si asciugasse riprendemmo a fare commenti sugl’ospiti e cominciammo a bere, mi stava accanto e non sembrava in imbarazzo, aveva gl’occhi lucidi e rideva sempre più spesso, con la scusa del caldo mi tolsi la giacca e la camicia.  Mi lasciò fare.  Eravamo al dunque, i silenzi crescevano e si stavano facendo torbidi, le spalmai sui seni la farcia delle galletitas e degli alfajores e cominciai a leccarli.  Fu a questo punto che mi confidò di avere sangue pellirossa nelle vene e fece il gesto di tagliarmi la gola con un coltello, ma poi si arrese.  Uscimmo dal bagno un paio d’ore dopo, gli invitati si erano dimezzati, mi scarabocchiò il suo numero di telefono su un tovagliolino di carta e mi aiutò a trovare un taxi, lei sarebbe tornata a piedi perché abitava a un paio d’isolati di distanza.  Ero ubriaco, non ricordo nulla del viaggio fino al mio hotel e di come mi fossi trascinato in camera.  La mattina dopo, ingoiate due cialde di alka seltzer e bevuto un caffè nero cercai il tovagliolino dappertutto nelle tasche e in giro nella stanza, lo avevo perso.
Addio Kimberly!

L’espressione blanc manger deriva dall’antico francese blanc mangier.  Su questa espressione è ricalcata l’espressione inglese di whitedish.  Altri termini antichi sono in inglese, blankmanger, blank maunger, blomanger, blamang.  In catalano, anjar blanch.  In portoghese, manjar branco.  In italiano, mangiare bianco, blanmangieri, bramangere.  In spagnolo,  manjar blanco.  In tedesco-fiammingo, blanc mengier, blamensir.  In latino, albus cibus, esus albus.  Nell’America del Sud il bianco mangiare si riferisce ad un dolce fatto con il latte, il dulce de leche o cajeta.  In Messico c’è una bevanda che ricorda il sapore del bianco mangiare, è il leche atole.   In ogni modo, il bianco mangiare non deve essere confuso con la natillas, a cui assomiglia.  Si aromatizza con semi di vaniglia, succo di agrumi, cannella.  Una variante del bianco mangiare è usata, soprattutto in Perù, per farcire gli alfajores (biscotti) e i tejas (gnocchi al cioccolato e frutta).  In Colombia il blanco manjar e le natillas sono dolci natalizi a base di latte riso e zucchero.  Di fatto, in ogni paese del Sud America c’è un dulce de leche (o doce de leite) che identifica grossomodo il caramello a base di latte, quello che i francesi chiamano confiture de lait e servono accompagnato da formaggio bianco.  Il dulce de leche è molto apprezzato ovunque, lo prova il fatto che da anni le grandi catene di gelateria hanno introdotto prodotti aromatizzati al leche nei loro menu.  Infine una curiosità, i cookies che le girl scouts americane preparano per le annuali fiere scolastiche sono quasi sempre dei dolci di latte aromatizzati al cioccolato.  Va da sé, il blanc manger non è popolare nelle aree lattofobiche come sono quelle asiatiche.