Gli aforismi di Jean Anthelm (6)
“Fu detto che la monarchia francese era un dispotismo tempéré par des chansons, in certi casi sarebbe meglio dire par des putains. Né la forma, né la sostanza mi paiono peraltro spregevoli.”
Arrigo Cajumi
Il lavoro dei laboriosi pretende sempre un contenuto morale, in politica come negli affari.
Non c’è il mito del territorio nella cucina medioevale, di contro c’è una pletora di ricette nell’ortografia della nostalgia, la specificazione – del resto – presuppone l’identità e il commercio.
La frugalità è una condanna. La rusticità è un carcere nel quale un pane bigio s’inzuppa in un broda lardosa. Le ideologie reazionarie fanno di tutto per confondere la frugalità con la moderazione e far si che il mondo agricolo incarni le mitografie del paradiso perduto. Idealizzare il passato è l’errore più comune nella storia degli atti alimentari, ma è funzionale alla demonizzazione dell’industria alimentare.
Il vino un tempo provocava il furor, oggi la rassegnazione, scoprono le sostanze psicotrope solo i popoli e le culture che le cercano, ma ogni popolo o ogni cultura cerca quelle che gli sono più congeniali. Il motivo è facile da intuire, devono convivere con le loro epifanie.
Solo parlare di concezione della natura significa inoltrarsi in qualcosa di osceno.
Nel candore del mattino c’è il sacro senza ombre, il naturale senza artifici, il divino come senso del luogo. C’è il sudore e la fatica di sopravvivere.
C’è un intero vocabolario che classifica la minaccia al puro sotto il peso del molteplice, del combinatorio, dell’integrativo, dell’eterogeneo. Questo vocabolario misura gli sforzi ricompositivi provocati dal contatto e dalla trasgressione dei limiti e si concilia con il messianico, perché la purificazione è un divenire incerto, un compito pesante.
I cortei rituali, com’era l’antico Komos greco, in carro o a piedi, avvolti dall’ebbrezza, dalla sfrenatezza, dalla baldoria, dalla musica e soprattutto dall’oscenità vera ed allusiva dei corpi esprimeva una nuova formula della socialità, liberata dalle pratiche religiose e pubbliche, che pure circondavano il culto di Dioniso, come si vede nelle Dionisiache e nelle Falloforie.
A differenza di ciò che avviene nella sessualità la convivialità è una condivisione del piacere.
Il carattere epidemico dell’obesità esprime la natura moderna della società dei consumi. Dove c’è piacere non c’è compulsività.
La modernità ha spezzato la condivisione che un tempo esprimeva la nutrizione e le ragioni del cosmo, cioè, dell’armonia. Non per caso nella filosofia greca il piacere è la soppressione del disordine.
Un tempo negl’atti alimentari la cultura materiale realizzava la dialettica di reale e immaginario, poi venne l’oggetto per il quale i piaceri sono senza sostanza.
Al Concilio di Nicea, che verificò l’identità tra la sostanza del figlio e quella del padre (sic!), fu istituita la Quaresima con la proibizione della carne, ma contestualmente fu istituito un obolo per poterne avere licenza. Così i ricchi continuarono a mangiare carne e i poveri a sognarla.
Tra qualche giorno mandarini, torrone e carbone riempiranno le calze. Ma cosa rappresenta il carbone? Il potere dei ruoli!
Mangiare “figurine zuccherate” o di marzapane (°): c’è un plusgodere (Lacan) che balugina dietro le mutilazioni inflitte dai morsi dei golosi. Qui mordere è un arte infantile tesa a destrutturare l’intero per estrarne altri percorsi, altre affabulazioni, altri sapori.
(°) – A quale teatro del sacro appartengono le figurine zuccherate e fritte se non al palcoscenico della Contro-Riforma? Esse hanno lo scopo di mettere all’ordine del giorno la miniaturizzazione della vita corrente esaltando la teatralità della fede.
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