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Quinta esercitazione

Politecnico di Milano, Anno Accademico 2012-2013. 

Cattedra di FOOD-DESIGN.

Esercitazione numero cinque.       

(Mercoledì 17 aprile 2013.)

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Progetto per un

COMPLEMENTO DI ARREDAMENTO PER TOPOLINIA

di

RROSE SÉLAVY

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Si può costruire un complemento di arredamento di “Emmenthal” per Topolinia (Mouseton)?  Nicolas Le Camus de Mézières, “architecte expert bourgeois” (1721-1789) avrebbe detto di si, se le nostre sensazioni incontrano la forma dell’analogia divenendo progetto.

(Vedi in questo sito, “Procedimento per analogia”, gennaio 2007).

Mézières pensava l’architettura come ciò che si fa corpo (sostanza) attraverso la filosofia e lo spirito del tempo.  Non è un caso che egli sia stato un attento lettore di Étienne Bonnot de Condillac e del suo trattato sulle sensazioni, con il quale immaginava di poter dare consistenza e senso al giudizio estetico ed una ragione del “carattere” che ogni costruzione deve esprimere se impiega i mezzi che le sono congeniali.

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Un antefatto.

Nel 1942 Marcel Duchamp (Rrose Sélavy) progettò la copertina del pamphlet, “First Paper of Surrealism” utilizzando la foto di un formaggio con gli occhi, come sono chiamati i “buchi” dei formaggi svizzeri.

Trent’anni dopo scoppiò una polemica.  Il formaggio usato era Emmenthal o Gruyère?

Due mercanti d’arte, Arturo Schwarz e Francis M. Naumann, che hanno scritto su Duchamp, sostengono che fosse Gruyère.  Stephan E. Hauser, uno storico svizzero, direttore della Zeitschrift für Kunstgeschichte, afferma invece che si trattava di Emmenthal, aprendo una polemica che ha dilagato sul web.

Sono due formaggi antichissimi, di Gruyère si parla addirittura in un documento che risale al dodicesimo secolo.  Sono entrambi prodotti con latte vaccino, il Gruyère ha una pasta semidura, untuosa e può presentare dei piccoli occhi.  Le forme sono di circa sessanta centimetri di diametro, alte circa undici centimetri.  L’Emmenthal, invece, ha occhi grandi dovuti alle sacche di anidride carbonica che si formano durante la maturazione.  Le forme hanno un diametro di circa un metro e possono variare in altezza fino a ventisette centimetri.  Pesano mediamente un quintale.

Di recente il “Ministero dell’Agricoltura” degli Stati Uniti ha diramato una circolare per la quale non possono essere vendute sul suo territorio forme di Emmenthal con occhi superiori ai quattordici millimetri di diametro, la ragione è sconosciuta.

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Se invece di usare il formaggio per una copertina di un pamphlet lo usassimo per progettare un complemento di arredamento per Topolinia come sarebbe? 

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Addenda.

Se abitasse a Topolinia Marcel Duchamp si chiamerebbe Josefine.  (Cfr., Franz Kafka, “Josefine la cantante, ovvero il popolo dei topi”, in Racconti).

Come sarebbe un complemento di arredamento di Emmenthal o di Gruyère per un “popolo avvezzo alle sofferenze, sempre prodigo di tentativi, rapido nelle risoluzioni, esperto di morte, spaventato solo in apparenza di quell’atmosfera di audacia in cui vive da sempre…abituato a salvarsi da solo, sia pure a prezzo di sacrifici davanti ai quali lo storico rimane impietrito?”

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Obiettivo dell’esercitazione è la progettazione di un complemento di arredamento, utilizzando uno o tutti e due i formaggi, da realizzare per Topolinia. 

La maquette non deve superare i venti centimetri di altezza e non deve avere una base superiore a quattrocento centimetri quadrati.  Può essere armata con stecchi di legno e dipinta.

Può anche essere accompagnata da una breve dichiarazione esplicativa.  

(Nella realizzazione di questa esercitazione gli studenti possono tener conto delle eventuali suggestioni ricevute dalla visita al Salone del mobile, 2013.)

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Quarta esercitazione

Politecnico di Milano, Anno Accademico 2012-2013. 

Cattedra di FOOD-DESIGN.

Esercitazione numero quattro.     

(Mercoledì 10 aprile 2013.)

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Ecco io vi do tutte le erbe che producono un seme, che sono

sopra tutta le terra e tutti gli alberi fruttiferi che fanno seme.

Queste cose vi serviranno da nutrimento.    

Genesi 1.29.

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IL PANE ALL’INIZIO DELLA SUA STORIA. 

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Gli uomini del neolitico che abitavano la“mezzaluna fertile” avevano a loro disposizione molti cereali e grani, oltre che erbaggi, leguminose e frutta allo stato selvatico, che impararono a riconoscere e a trasformare in brode e in pani dopo averli macinati tra due sassi.  (Pani schiacciati, soprattutto gallette, dal celtico kalet, duro, la stessa radice della pietra di silice, o incavati per contenere com-panatici)

Molte di queste brode sono arrivate fino a noi come testimonia, per esempio, il porridge inglese.  Brode, le madri di tutti i cibi, dicono i russi, che hanno dato vita alle minestre acide con la fermentazione lattica, come nella “zur” polacca o alla birra con la trasformazione alcolica.

Più tardi, i cereali dalla “mezzaluna fertile” arrivarono anche in Europa che già conosceva gli sfarinati brodosi o gli impasti di ghiande e castagne.

È provato che bastano intorno ai duecentocinquanta gradi per ottenere un pane addolcito dalla cottura, rispetto all’amaro dei semi della pianta cruda.  Un pane che ha anche il pregio di conservarsi per un certo tempo.  La masticazione e la saliva fanno il resto, trasformando la massa masticata in destrosio e dunque in fonte di energia.

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Oggi possiamo dire che gli uomini scoprirono quasi subito il valore dei cereali e li “addomesticarono” allo scopo di migliorarne la qualità.  Poi, con il neolitico, i cereali e la loro cultura si diffusero in Europa, ma è solo intorno a cinquemila anni fa che la cultura dei pani divenne una pratica comune.

Il rinvenimento di resti di pane è un fatto molto raro. Una scoperta eccezionale è avvenute nel 1976 nella stazione neolitica di Twann/Douanne (Berna), sul lago di Bienna. Qui è stata rinvenuta una pagnotta di forma circolare, carbonizzata e raggrinzita, che ha dimostrato come fin dal quarto millennio prima dell’era comune in Europa si producesse un pane fatto di farina di frumento e grani.  Il pane dell’Europa preistorica aveva forme di lievitazione primitive.  L’uso del lievito, caratteristico dell’Egitto, si diffonderà in Grecia in epoca storica e diventerà comune nel resto d’Europa solo durante l’età romana.

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Pane di Twann/Douanne. Si tratta di una pagnotta, ben conservata, dal diametro di diciassette centimetri, alta cinque centimetri, presumibilmente all’origine di circa trecentocinquanta grammi di peso.

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Nota.  Si attribuisce agli egiziani l’invenzione del pane lievitato.  Una conseguenza dell’uso dell’acqua del Nilo non bollita per la panificazione.  La più antica rappresentazione di un pane è in documento Sumero datato duemila anni prima dell’era comune, pressappoco degli stessi anni è la prima menzione di un pane lievitato.  Compare nel Codice di Hammurabi.  Uno dei forni più antichi è stato scoperto a fianco di un’abitazione a Catal Huyuk in Asia Minore, risale a circa ottomila anni fa.  I primi a sviluppare un’arte della panificazione furono i greci che confezionavano più di settanta tipi di pane ed introdussero dal quinto secolo prima dell’era comune il mulino a tramoggia.

Al centro di numerose simbologie il pane è presente nell’antico rituale egiziano dei morti.  I Romani lo portavano in processione nelle cerimonie dei defunti.  Gli ebrei portano dodici pani diversi il giorno dello Shabbat al tempio di Dio, sono i pani di proposizione (shew-bread).  Nel cristianesimo prima del Cristo c’è il profeta Eliseo che moltiplica i pani che poi finiscono al centro dell’Eucarestia.  Giovanni definisce Gesù pane di vita, i cristiani pane della parola di Dio la predicazione.

Nell’antico Egitto il dono dei cereali e del pane fu attribuito al dio Ptah (il creatore).  Nella cultura ebraica il pane è all’origine di numerosi codici civili e sociali.  Il culto greco più antico e famoso intorno al pane lo si ritrova nei Misteri Eleusini in onore di Demetra.  Il Cristo dei cristiani dice: “Mangiate io sono il pane…”, il pane che aveva moltiplicato nel miracolo con i pesci.  Fu cantato da Omero, Orazio, Giovenale e Plauto.  È onorato nei Canti dell’Edda della letteratura nordica e dai poeti medioevali.  Riempie l’Europa di toponimi fino all’inverosimile villaggio bernese di Chät und Brot.

Da il nome al luogo di nascita di Gesù, Beit Lehem.

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Una curiosità.  La tradizionale baguette francese è uno dei simboli dell’identità nazionale.  Il 26 brumaio dell’anno secondo (15 novembre 1793) un decreto della Convenzione stabilisce che tutti i francese devono mangiare lo stesso pane: «La richesse et la pauvreté devant également disparaître du régime de l’égalité, il ne sera plus composé un pain de fleur de farine pour le riche et un pain de son pour le pauvre. Tous les boulangers seront tenus, sous peine d’incarcération, de faire une seule sorte de pain : Le Pain Égalité».

 

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Scopo dell’esercitazione è la realizzazione di un “pane neolitico” sul modello di quello di Twann/Douanne.

Questa è la tecnica. 

 

Preparazione del lievito.  Con circa cento grammi di farina, che avrete preparato schiacciando tra due pietre o con una pietra su un piano di marmo duecento grammi di grano o di farro, un cucchiaio d’olio di noci, sale ed acqua quanto basta, realizzate, mescolando con cura, un impasto.

Rimboccatelo se è troppo liquido con altra farina, fino a quando non diviene un bolo morbido che non attacca alle dita.

A questo punto lasciatelo riposare per tre giorni in una ciotola, coperto con un panno, in un luogo buio e ad una temperatura non inferiore ai 16 gradi.

Passato questo tempo impastatelo con un altro po’ di farina e lasciatelo, sempre nello stesso modo, riposare per altri due giorni.

 

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Preparazione del pane. Sciogliete il lievito in un po’ d’acqua, aggiungeteci dell’altra farina, sempre preparata da voi, e un pugnetto di grano saraceno o di farro in grani, pulito e ammollato in acqua per qualche ora.

Impastate il tutto a lungo fino ad ottenere una pasta molle ed elastica.  Infarinatela.

Copritela con un panno umido e lasciatela riposare al buio per un giorno a venti gradi.

Rimpastatela aiutandovi con della farina e cuocetela.

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Per farlo procuratevi un sasso di fiume liscio e il più possibile arrotondato.  Lavatelo in acqua bollente per almeno cinque minuti, poi asciugatelo.  Ungetelo con olio di noci e mettetelo al centro all’impasto – appoggiato su una placca da forno anch’essa unta d’olio di noci  – dopo averlo scaldato su una fiamma finché non ha raggiunto un’alta temperatura.

Il tempo di cottura varierà in proporzione alla grandezza del sasso e alla temperatura che ha raggiunto.

(Potete integrare la cottura aiutandovi con il forno caldo, ma non acceso.)

Appena il pane è cotto, sistematelo, sollevandolo dal piano di appoggio, e avvolgetelo in un panno spesso affinché, raffreddandosi, non diventi duro e immangiabile.

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Nota bene :  Considerato l’impegno per la realizzazione di questa esercitazione ai primi tre classificati saranno riconosciuti due punti da aggiungere al loro voto finale dell’esame qualunque esso sia.   

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Prima Variante: 

Potete al momento dell’impasto del pane integrarci frutta secca o bacche. 

Attenzione:  Prima di farlo accertatevi che fossero presenti in Europa nel  Neolitico, altrimenti l’esercitazione è annullata. 

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Seconda Variante: 

Potete cuocere il pane in un vaso da giardino, in giardino, trasformandolo in un forno.  In questo caso foderatelo di alluminio e ricopritelo di terra e poi di arbusti secchi che brucerete per aumentare il calore al suo interno.  Ricordatevi di lasciare un piccolo passaggio per l’impasto e la pietra arroventata. 

 

(Se avete delle titubanze ricordatevi del “bricoleur” di Claude Lévi-Strauss.)

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La documentazione di questa operazione deve essere esibita su un foglio A3.       

 

BUON LAVORO!!!

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