CON.NEXIONI 6
Frère ange de Charolois
Dis-nous par quelle aventure
Le cordon de Saint François
Sert à Vénus de ceinture.
Il mondo visibile non è più rappresentabile, e il mondo invisibile non è più configurabile. La fatica della scrittura, dopo l’ermetismo, è patetica. Il viaggio al termine della poesia si è concluso con il Novecento, battigia del chiliasmo.
Perché la fatica del poeta è patetica? Perché come un somaro accecato sogna di confezionare informazioni autre, invece di immagini. Ciò che era caldo ieri sul Carso si è raffreddato nelle pievi editoriali a pagamento. Diceva quel quacquero di Kenneth Bouling, l’interesse per il significato ha sopraffatto quello per l’effetto. Con il risultato che una volta la poesia era incomprensibile oggi è illeggibile!
Cinema muto e anoressia, il due grandi maestri della “food-art”.
Le istituzioni nell’arte moderna sono il “Grande Altro” che dispone del patrimonio simbolico delle opere ordinandole dal punto di vista del loro potere di domesticazione e del loro valore mercantile.
In questo senso il potere pratico che le istituzioni esercitano affonda le sue palafitte nel narcisismo degli artisti che non possono fare a meno di esibirsi davanti allo sguardo dell’Altro da se.
L’opera d’arte moderna è come la lettera lacaniana. Giunge sempre a destinazione, non importa dove, non importa con quale ritardo…sarà sempre incompleta!
È liberale e formativo nella società dello spettacolo chiedere al consumatore se è d’accordo nell’accettare un destino mercantile. È consuetudine dei consumatori rispondere affermativamente. Per il successo di questo patto scellerato non è estranea la circostanza per la quale l’arte, da qualche tempo a questa parte, usa il linguaggio della comunicazione pubblicitaria mercantile per rendere performativo il potere coercitivo della forma estetica.
Dicono le istituzioni: tu vedi, ma non ti serve a niente. Noi ti possiamo educare a guardare in modo che le tue scelte siano libere di poter essere quello che a noi conviene!
L’arte che conviene allo spettacolo non è quella che contribuisce a organizzare la simbolizzazione, ma quella che ne rivela la pratica collettiva. Per intenderci. Le Marylin di Andy Warhol non sono altro che la simbolizzazione di una ragazza di provincia che arriva nella Venezia di Casanova e sogna una camicia da notte ridotta a due gocce di profumo.
Le vittorie del gusto non sono mai estetiche, ma politiche. Vale a dire morali.
Gli artisti peggiori nella modernità sono quelli che affermano di “relazionarsi politicamente” all’arte mentre tentano di confezionare opere d’arte o, se si vuole, per dare un senso alle opere che confezionano.
Nell’arte moderna il valore è un significato che fa dell’utilità un sintomo.
L’autunno era per l’uomo medioevale quello che è oggi l’inizio del campionato di calcio per l’uomo moderno. Un paradosso se non si tiene conto che ciò che la scrittura guadagna in controllo si perde in esperienza acquisita. Sarà per questo che i poeti sono infantili!
Nell’arte moderna, grazie alla mediazione delle istituzioni, il successo arriva quando è il valore a creare l’opera. Perché? Perché nell’arte moderna il valore è un significato che fa dell’utilità un sintomo. Non è dunque per caso che nel ventesimo secolo l’umanità della cultura occidentale è scivolata via nelle tubature di un orinatoio e conservata in una scatoletta di merda.
In L’ideologia Tedesca Marx e Engels scrivevano che quasi tutte le ideologie si riducono ad una concezione falsa della storia o a farne totalmente un’astrazione, oggi molta parte di questo lavoro è affidato alla retorica delle avanguardie che educano agli spazi in rovina, al tempo che si è fermato, alla frammentarietà del visuale nel quale l’uovo di serpente della confusione rafforza ogni rassegnazione. Perché questo ruolo delle avanguardie? Non è difficile spiegarlo. Ci sono voluti secoli per convincere gl’uomini ad inchinarsi davanti a delle creazioni di cui erano i creatori, per obbligarlo ad inchinarsi davanti alla decomposizione del reale – se non si vuol perdere tempo – occorre poter controllare fino in fondo i processi culturali e il potere “performante” delle menzogne.
La storia sociale e la cultura materiale hanno una prosa attraverso la quale si esprimono. Questa prosa è tanto lontana dal senso comune infettato dalla forma di merce quanto è capace di portare alla luce ciò che rende il tempo storico inverificabile.
È una prosa che non ha nulla di filosofico. È una legittima suspicione spiccata contro i limiti della filosofia in un momento nel quale il rumore di fondo del politico rende equivalenti tutte le informazioni e tutti i valori.
Ha scritto il barone d’Holbac: “Non c’è una sola azione, una sola parola, una sola volontà una sola passione in coloro che concorrono alla rivoluzione sociale, non importa se come distruttori o vittime…che non provochi infallibilmente gli effetti che essa deve provocare, secondo il posto che occupano questi protagonisti in questa tempesta morale”.
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