FLUXTALES 11
C’è ancora qualcosa di ineluttabile nell’arte, la sua visibilità che forclude nello spettatore la coscienza della perdita. Di contro, l’opera d’arte è compiuta solo quando essa mostra ciò che ha perso. In altri termini. Si arrende al vuoto.
L’illusione del minimalismo, che ha afflitto l’arte moderna nell’ultima parte del Novecento, nel migliore dei casi è in forma di “angoscia visiva”. Peccato che sia metafisica!
È l’opacità che nell’opera d’arte apre i vuoti in cui s’installa, nella topologia, l’oggetto piccolo(a).
I vuoti nell’opera d’arte sono la prova che in essa non si da il tutto. Essi “convergono” lo sguardo perché è nella natura dell’opera il ri.guardarci.
La forma di arte può illudersi sul potere della rappresentazione solo illudendosi sulla resurrezione della “carne”. Sarà per questo che i musei sono pieni di sepolcri imbiancati?
La tautologia in arte non ha ombre,è mera opacità senza sostanza. In breve, è una forma di vuoto che attrae i vasai.
Il non-sense in Fluxus è un costeggiare l’abisso della rappresentazione. Questo abisso è in forma di uno specchio liquido come in Le sang d’un poète di Jean Cocteau.
La poetica Fluxus è come il setaccio nelle mani di Elisabetta. Non serve a niente, ma perlomeno non è quella traccia patetica che caratterizza l’arte concettuale. (L’aforisma ha un senso solo se si è consapevoli dell’ipocrisia che trasudava da questa fatale regina.)
Tra forma e somiglianza il cuneo del negativo “impianta” quello che per George Bataille è la materia informe. Per questo ciò che esige la forma è di poter divorziare da Polluce. L’informe brulica!
La natura delle istituzioni che si occupano di arte moderna è”conformista” perché così stabilisce il dressage dell’informe. Nel “dressare” c’è installato il paradigma del diventare opera. Chissà se Marcel Duchamp amava l’equitazione!
Nell’arte moderna si prendono per aggettivi i processi che, attraverso la forma, portano al sintomo. Del resto, è nella natura del sintomo in.formare. se ciò è veritiero la funzione del significato per le opere d’arte promosse dalle istituzioni è la stessa del perturbante in analisi.
Noi temiamo l’informe non tanto per la sua matrice materialista, quanto perché non abbocca mai all’amo del dettaglio, restando ostinatamente irrappresentabile. (Da qui la sciocchezza teologale per la quale dio è nel dettaglio.)
La ripugnanza dell’arte contemporanea per il collage dipende dalla circostanza che, come per il montaggio cinematografico, è un esercizio di crudeltà. Non per caso le istituzioni nell’esaltare la pop–art lo degradarono a combinazione, vale a dire a matrice di con.fusione.
Il cibo, da materia antropologica a sostanza artistica, è bastato un secolo dalle avanguardie perché la metamorfosi fosse compiuta, riconoscendo all’immateriale la sua natura di sintomo.
Lo spettacolo ha sfilato dall’idea di rivoluzione le baionette e ha fatto crollare una grande illusione, che possano essere le minoranze a fare la rivoluzione per le maggioranze.
Come ieri la svastica degli iniziati era stata sovrapposta alla bandiera rossa degli operai, così oggi la forma di spettacolo è il brand che si sovrappone al destino dell’uomo senza qualità.
Lo spettro del comunismo alla lettera è l’unica illusione reale che gli illusionisti dello spettacolo non vedono, ecco perché occorre strappare il velo di Isis per combattere la metafisica e mettere a giorno l’ordine nuovo che si dissimula sempre tra i misteri del vecchio ordine.
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