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Esercitazione numero dieci

Politecnico di Milano, Anno Accademico 2012-2013. 

Cattedra di FOOD-DESIGN.

Esercitazione numero dieci.      

Mercoledì 5 giugno 2013

 

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O-BENTO.

(Il mio pranzo in una “scatola”)

L’espressione “bentô” deriva da un termine cinese che significa pratica.

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Il bento (oppure o-bento) è un popolare esempio di come la cucina giapponese in particolare e la cucina orientale in generale abbiano saputo “coniugare”, in un inedito incontro, la loro millenaria tradizione e gli imprinting del mondo occidentale.

Questo incontro – che rivela una sorta di unità di senso da tempo smarrita in Occidente – si sviluppa in un insieme conseguente sia sul piano nutrizionale che estetico, arrivando a coinvolgere il colui-che-mangia e il mangiato in una narrazione estetica sulla quale si proietta uno stile di vita sentito ed originale e, insieme, la profonda coerenza delle regole sociali (°).

Il bento, in particolare, non è solo un pranzo in scatola, un pic-nic urbano frutto della fretta e delle circostanze, ma qualcosa che deve, prima di essere mangiato, “fruito” con lo sguardo e apprezzato nella sua particolare “grammatica visiva, nel suo vitale ed allegro desiderio di metamorfosi.

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In breve, è un pranzo che rispecchia una poetica visuale che si traduce in codici: 

Quello che armonizza il piccolo, il separato e il frammentato.

Quello che sviluppa una dialettica tra colore, forma e struttura degli alimenti.

Quello che costruisce una continuità significante tra cibo e contenitore e, infine,

quello che accomuna nell’atto alimentare la personalità di chi mangia con il mangiato(°°).

Gli oggetti che affastellano la vita corrente – al di là della loro sostanza – non sono, in chiave fenomenologia, che dei complessi di tendenze, dei reticolati di gesti su cui i processi simbolici trasferiscono gli embrici dell’immaginario, a cominciare, nella fattispecie dei bento, da quel processo di gulliverizzazione che consente alla cultura giapponese di sviluppare una convincente equazione estetica a partire dalla minuzia e dalla meticolosità.

Per finire a quella equivalenza di contenuto e contenente che riflette il principio analitico del primato del significante sul significato, della forma sul contenuto, da cui emerge un ascetismo degli atti alimentari come un atto di volontà.

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In altri termini, come delle sorprese retoriche, i bento rivelano la capacità della poetica di “includere” la tecnica e diventare uno dei modi di quella poiesis della vita corrente che plasma le differenze culturali.

In estrema sintesi, come espressione di una sorpresa retorica, il bento elude – qui è il mangiatociòche la linguistica definisce il denotato per diventare una irripetibile esperienza visuale, propria della cultura materiale, a tutto vantaggio delle forme di jouissance.

In altri termini, come delle sorprese retoriche, i bento rivelano la capacità della poetica di “includere” la tecnica e diventare uno dei modi di quella poiesis della vita corrente che plasma le differenze culturali.

Il bento, dunque, come arte della sorpresa elude – qui è il mangiato – ciòche la linguistica definisce il denotato per diventare una irripetibile esperienza visuale, propria della cultura materiale, a tutto vantaggio della jouissance.

Obiettivo dell’esercitazione è quello di realizzare un bento (°°°) che esprima una di queste tre forme del “sentire”:

– Il cibo indimenticato della propria infanzia.

– Il cibo della propria terra di origine.

– Il cibo che vorremmo come espressione di amicizia.    

 

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I bento sono classificati secondo il loro contenuto, secondo il luogo di confezione e secondo il contenente.  (Gli Hokaben sono dei bento venduti in negozi specializzati come per esempio la catena Hokka Hokka).

(°) – Lo stile è una manifestazione della cultura come totalità.  È un segno visibile della sua unità.

(°°) – Il niente, in più di un’occasione, è spesso l’artificio della cosa in sé.   

 

(°°°) – In questa esercitazione il contenente deve essere coerente con il contenuto.

 Chi vuole può anche provare a ”artificare” il bento.  Vedi nel sito un “resumé” della lezione sull’artificazione.  

 

 

Nota bene:  Questa esercitazione vale tre punti per il vincitore e due punti a testa per il secondo e terzo classificato.

 

(°°°) – Il contenitore deve essere coerente con il contenuto.

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