PAGES

Esca nel giardino delle fate o metafora della “chair spirituelle”? – Esercitazione 3 – 2011/12

Politecnico di Milano, Anno Accademico 2011-2012.

Cattedra di FOOD-DESIGN.

Esercitazione numero tre.

(Mercoledì 20 marzo 2012.)

***

 

Esca nel giardino delle fate o

metafora della chair spirituelle?

Che cos’è una mela?

Quando mordiamo la tua rotonda innocenza

torniamo per un momento ad essere creature appena nate…”

Pablo Neruda, Ode alla mela.

 

E quando addentate una mela,/ ditele nel vostro cuore:/ I tuoi semi

vivranno nel mio corpo/ e i tuoi germogli futuri/ sbocceranno nel mio cuore,/ la loro fragranza sarà il mio respiro,/ e insieme gioiremo in tutte le stagioni.”

Kahlil Gibran, Ode alla mela. (°)

La face cachée de la pomme.

Dapprima dolce e poi acidula, come il veleno, come il peccato, come la tentazione. Una superba miniatura del mondo, un mondo espugnato da Eros e attraversato dai vermi, un contradditorio simbolo della natura che muore. Questa è la mela, regina di settembre, che i savants medioevali definivano un’opera del demonio, una metafora della jeune fille e dei suoi osceni e desiderati tesori.

Rossa di fuori, come le labbra dell’innamorata, come il sangue, come i tramonti che annunciano il tempo che cambia. Bianca di dentro, come la neve, il latte, la ricotta che la lama del pastorello tagliando fa arrossare, bianca come i denti con i quali la si morde con voluttà, perché croccante nella sua agreste e sospetta freschezza, ambiguo trofeo che lega alle ali della passione Saffo e Santa Teresa, il godimento e la tragedia.

 

Con la sostanza di cui sono fatti i sogni gli uomini fabbricano da tempo immemorabile i segni con i quali popolano l’universo. In essi cercano la sua immagine, vicina o lontana, straniera agli occhi o familiare al cuore.

Il vero problema della mela non è nella sua immagine, ma nel gioco degli specchi che la riproduce e la moltiplica nell’immaginario. Questi specchi sono come dei cancelli e i segni qualche volta funzionano da chiavi. Essi aprono o chiudono il senso e aiutano a superare la barriera della parole.

L’Io, lo abbiamo appreso con Sigmund Freud, ha bisogno di referenze per rassicurarsi sulla sua identità, ma questa resta evanescente e spesso illusoria. Attraverso il segno l’immagine rivela le sue trappole, l’immaginazione con il suo teatro d’ombre e, al tempo stesso, penetra nello spirito della civilisation.

 

Sostituendo l’analogia alla logica il segno disperde ed unisce, s’irrigidisce e si liquefa, crea la “scrittura”, inspira la poesia e fa precipitare nel sacro, serve la tradizione e annuncia la novità, gli ancoraggi, le derive, si evolve.

La mela, dopo quelle verdi di Paul Cézanne, sono diventate un oggetto. Un oggetto prezioso che ci accompagna dal tempo del regno di Sumer, con i suoi eccessi allegorici, che il Medioevo ha coltivato. Essa ha oltrepassato e coltivato il suo significato simbolico, resistendo alle sventure gastronomiche e commerciali. Riposa sulle spalle di Atlantide con la sua forma, ha il gusto vivo dell’amore con il suo profumo, la sua linfa e la sua carne.

 

Tra le immagini è la più ricca nella sua semplicità, ha saputo evocare il godimento e il rischio, gli abiti culturali e le credenze popolari, gli inganni del politico e la vertigine dei misticismi.

Essa è oggetto vivo per i segreti del corpo, natura morta per i pittori, vecchio segno biblico, mistero monacale, dono del giardino celeste e utensile moderno al servizio della pubblicità, segno erotico di una sessualità senza ipocrisie, immagine organica e cosmica dell’innocenza vegetale, possessione e dono. Nel suo cuore i suoi semi resistono alla putrescenza, marcano la specie, sono il germe dell’avvenire, il margine inevitabile di ogni storia.

Recita un antico poema francese: “Eve, Adame poussa, et l’homme s’étrangle.” I Romani chiamavano mala (mela) i testicoli, noi chiamiamo d’Adamo il pomo sporgente sul collo degli uomini. La mela esprime la potenza della vis venerea, come ci dicono le rappresentazioni della Venere Urania e di quella di Milo. Giovanni Marinelli nel suo Ornamenti delle donne (1562) afferma che il seno delle donne è il gioiello più bello perché assomiglia alla mela. La “dolce ridente” Saffo scrive: “La mela resiste sul ramo quando è ancora vergine e verde, matura, cade rapidamente, dura poco e si distrugge”.

***

 

Obiettivo dell’esercitazione è “di mettere a nudo” un carattere di questo frutto e di rappresentarlo:

o con una immagine in formato A4 – comunque realizzata –

o

utilizzando della pasta brisée nella confezione commerciale di 230-250 grammi, eventualmente colorata e cotta in forno.

(Non sono accettate commistioni tra i due procedimenti!)

***

(°) – Khalil Gibran (Ğubrān Halīl Ğubrān, 1883-1931) è un poeta libanese – era nato a Bsharri – di religione cristiano-maronità, vissuto e morto in America, a New York. Per anni è stato il punto di riferimento della cultura araba negli USA e della counterculture della California durante gli anni ‘60. La sua opera più famosa, Il Profeta (1923) è stata tradotta in più di venti lingue e si dice fosse citato spesso da John Kennedy che l’ammirava. Nel poema Sand and Foam (1926) Gibran scrive: Half of what I say is meaningless, but I say it so that the other half may reach you.

Pablo Neruda (1904-1973) cileno, premio Nobel per la letteratura nel 1971, è considerato una delle figure più rappresentative della letteratura latino-americana e uno dei suoi uomini migliori per il suo impegno civile e per la sua lunga militanza accanto agli sfruttati e ai ribelli. Troppo importante per poterne parlare in poche righe rinviamo alle sue poesie sul cibo, tra cui spicca una ironica e al tempo stesso simbolica “ode al carciofo”.

 

***